Il Castello di Torre Alfina Salotto di Personaggi Illustri
Il Castello di Torre Alfina ha attraversato i secoli ospitando le vite di personaggi illustri, diventando custode di storia, arte e cultura. Le sue mura raccontano di epoche lontane, di battaglie e trasformazioni, ma anche di incontri intellettuali e fermenti artistici che ne hanno arricchito il fascino.
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Crocevia Culturale nella Tuscia Viterbese
Verso la fine dell’Ottocento, sotto la guida del marchese Edoardo Cahen d’Anvers e poi di suo figlio Rodolfo, il castello visse una stagione di splendore. La famiglia Cahen, colta e cosmopolita, trasformò la residenza in un vero e proprio crocevia di idee, scambi artistici e produzione culturale. Questo spirito di apertura e mecenatismo ha lasciato tracce ancora visibili tra le mura del castello e nei racconti legati alle figure che lo hanno frequentato.
Ecco alcuni dei personaggi illustri documentati che hanno varcato le porte del castello o vi hanno lasciato un segno indelebile.
Gabriele D’Annunzio: il Vate e il Castello
Il nome di Gabriele D’Annunzio è uno dei più sorprendenti tra quelli legati al Castello di Torre Alfina. Ospite del marchese Rodolfo Cahen, D’Annunzio collaborò con lui alla realizzazione dell’opera teatrale Sogno di un tramonto d’autunno, per la quale scrisse il testo poetico. Rodolfo, mecenate e musicista dilettante, ne curò la composizione musicale.
Il castello custodisce ancora oggi un’imponente affresco di Pietro Ridolfi che rappresenta una scena del Sogno di un tramonto d’autunno, segno tangibile del passaggio del poeta. D’Annunzio dedicò l’opera a Eleonora Duse, il cui ritratto spicca sul soffitto della stessa galleria. La collaborazione con il Vate conferma il ruolo che il castello aveva assunto all’epoca: non solo residenza aristocratica, ma anche fucina artistica.
Matilde Serao: il Volto Femminile della Cultura Italiana
Tra i personaggi illustri legati al castello è Matilde Serao. Fu una delle prime grandi giornaliste italiane e voce di spicco della narrativa realista, una figura centrale nel panorama culturale italiano tra Otto e Novecento. Fondatrice del quotidiano Il Mattino di Napoli (insieme al marito Edoardo Scarfoglio), ospitò spesso articoli e poesie di D’Annunzio, soprattutto nei primi anni di carriera del poeta. D’Annunzio, negli anni ’80 dell’Ottocento, collaborò proprio con Il Mattino e fu influenzato, almeno in parte, da quel clima letterario napoletano che Serao contribuì a creare. Sebbene non si abbiano prove di un suo legame diretto con il castello, un ritratto di Matilde Serao è presente sul soffitto della galleria nobile del castello, affianco a quello di Eleonora Duse, a testimonianza di un legame almeno simbolico o affettivo con la famiglia Cahen e con quel mondo culturale d’élite che il castello rappresentava.
Il Mistero del Romanzo Giallo
Ma non è tutto. Nel 1907 Matilde Serao, definita la madre del giallo partenopeo, pubblica Il delitto di via Chiatamone. Ebbene, via Chiatamone è proprio la strada in cui Edoardo Cahen e la sua famiglia soggiornarono durante il loro periodo napoletano. E ancora: il protagonista del romanzo, il duca di San Luciano, raffigurato sulla copertina dell’edizione originale, ricorda sorprendentemente Rodolfo Cahen. Ma c’è di più. In basso a sinistra sulla copertina del libro si intravede chiaramente l’ipotetico stemma nobiliare del protagonista, un leone rampante che presenta forti somiglianze con lo stemma araldico dei Cahen. Non esistono prove documentali che attestino un rapporto diretto tra Matilde Serao e la famiglia Cahen, ma questi elementi sembrano evocare un legame simbolico, forse affettivo, forse culturale. Più che coincidenze, sono indizi che ci parlano di una frequentazione degli stessi ambienti, di un sentire comune. E forse di un velato omaggio da parte della scrittrice a un mondo aristocratico e intellettuale che aveva sicuramente incrociato.
Pietro Ridolfi: l’Artista Amico
Nel 1906, Pietro Ridolfi, pittore specializzato in tempera murale, fu incaricato da Rodolfo Cahen di decorare alcune stanze del castello. Il rapporto tra Ridolfi e la famiglia Cahen fu più di una semplice collaborazione artistica. Nacque un’amicizia autentica, confermata anche da ricordi tramandati dai familiari del pittore e dall’ottimo rapporto che ancora oggi il castello mantiene con loro.
Durante i periodi di lavoro al castello, Ridolfi dormiva in una stanza degli ospiti del piano nobile, oggi conosciuta come “La Stanza di Ridolfi”. Qui si conserva ancora un quadro della marina, donatoci dalla sua famiglia, e i preziosi bozzetti dei dipinti delle Quattro Stagioni, un ciclo decorativo di straordinaria eleganza che ancora oggi abbellisce la galleria nobile del Castello di Torre Alfina.
Una curiosità riguarda proprio il bozzetto della Primavera: Ridolfi, inizialmente, voleva inserire nell’affresco il mare come simbolo di rinascita e bellezza naturale. Ma Rodolfo Cahen, con il suo spirito razionale e legato al territorio, gli fece notare che il mare non era visibile da Torre Alfina. Ridolfi accettò la modifica, ma non rinunciò del tutto al suo slancio poetico: al posto del mare inserì uno stagno, piccolo ma evocativo, come compromesso tra immaginazione e realtà.
Il Castello di Torre Alfina, grazie alla sensibilità della famiglia Cahen, fu molto più di una dimora nobiliare: fu un luogo dove le arti, le lettere e la musica si incontravano, intrecciando percorsi umani e creativi che ancora oggi risuonano nelle sue stanze. Riscoprire queste presenze significa restituire al castello il suo valore più profondo: quello di luogo vivo, abitato dalle idee, dai sogni e dalle visioni che hanno attraversato un’intera epoca.