moai di vitorchiano

La Storia della Statua Moai di Vitorchiano

A pochi chilometri da Viterbo sorge Vitorchiano, lo splendido borgo della Tuscia sospeso sulle rocce vulcaniche. E qui si trova l’unica statua Moai al mondo, al di fuori dell’Isola di Pasqua.
Indice degli argomenti:
  1. Cos’è un borgo sospeso
  2. Cos’è il Moai di Vitorchiano
  3. Come è fatto un Moai
  4. Dove si trova il Moai italiano

A soli quindici minuti d’auto da Viterbo, sorge Vitorchiano, antico borgo e gioiello storico incastonato tra le rocce vulcaniche della Tuscia. Considerato uno dei centri storici più suggestivi della provincia di Viterbo, gode anche del prestigioso riconoscimento di uno dei “borghi più belli d’Italia”. E qui troviamo anche l’unico originale monolite Moai al mondo, al di fuori dell’Isola di Pasqua (o Rapa Nui).

Cosa significa Borgo Sospeso

L’integrità del suo nucleo antico, le abitazioni che sembrano fondersi armoniosamente con le scogliere di peperino su cui sono erette, conferiscono a Vitorchiano il suo appellativo distintivo: il Borgo Sospeso. L’origine di questa denominazione risiede nella geologia unica della zona. I depositi di materiali vulcanici, modellati nel corso dei millenni dall’attività dei vulcani, hanno dato vita alle imponenti rupi su cui sorgono i borghi della Tuscia. Tuttavia, ciò che rende Vitorchiano veramente speciale è il suo banco di peperino, fratturato in enormi massi, su cui poggiano direttamente gli edifici del borgo. Questa peculiarità crea un’illusione visiva affascinante, facendo sembrare che il borgo sia stato scolpito nella roccia. Le case, aggrappate e a strapiombo, si fondono con la roccia lavica, creando un’armonia perfetta con la Valle del Vezza e il paesaggio circostante, ricco di boschi di querce, frassini, faggi, olmi e castagni.

Cos’è il Moai di Vitorchiano

E proprio la ricchezza di peperino ha fatto si che Vitorchiano divenisse il luogo perfetto per costruire una gigantesca statua Moai. Le statue Moai sono monoliti antropomorfi scolpiti dalla popolazione polinesiana indigena Rapa Nui (che è anche il nome originario dell’Isola di Pasqua), in gran parte tra il 1100 e il 1500. Si tratta di veri e propri giganti di pietra alti fino a 21 metri, probabilmente monoliti augurali portatori di benessere e prosperità dove volgono lo sguardo. Il Moai di Vitorchiano venne realizzato nel 1990 della famiglia Atan, originaria di Rapa Nui e composta da 19 persone. L’occasione della costruzione del monolite di Vitorchiano fu la trasmissione televisiva RAI “Alla Ricerca dell’Arca” del giornalista Mino D’Amato. Intenzionato a promuovere il restauro dei Moai dell’Isola di Pasqua, il giornalista cercava in Italia una pietra che si avvicinasse il più possibile alla pietra vulcanica con cui furono realizzati i giganti di Rapa Nui, con la quale realizzare un Moai italiano. Vitorchiano, patria del peperino, fu individuato come luogo ideale dove realizzare l’opera, e la famiglia Atan i giusti artigiani.

Come è fatto il Moai di Vitorchiano

Dopo mesi di lavoro, gli Atan realizzarono un originale Moai lavorando la pietra con le stesse antiche tecniche impiegate sull’Isola di Pasqua per la costruzione dei Maoi originali. Dal punto di vista artistico, il Moai di Vitorchiano è una testimonianza dell’abilità e della maestria degli scultori. Fedele agli originali, la statua presenta solchi profondi, tratti duri, semplici e lineari, e dettagli curati come le orecchie lunghe, l’ombelico sottolineato e le mani affusolate aderenti al ventre. Ancora oggi il Moai di Vitorchiano rappresenta l’unica scultura Moai in pietra di dimensioni originali, presente al di fuori dell’Isola di Pasqua.

Dove si trova il Moai di Vitorchiano

La statua del Moai ha attraversato diverse collocazioni nel corso degli anni. Dapprima situata al centro del piazzale Umberto I, nel 2007 fu temporaneamente trasferita in Sardegna per essere esposta in una mostra di arte precolombiana. Tornata a Vitorchiano dopo nove mesi, la statua trovò la sua definitiva collocazione su Largo Padre Ettore Salimbeni, nell’area camper del comune che si affaccia sul suggestivo belvedere del “Borgo Sospeso”.

Il Moai di Vitorchiano, con la sua presenza imponente e la sua storia affascinante, si erge come un’icona di uno dei borghi più belli d’Italia, rappresentando un legame unico tra la storia millenaria dell’Isola di Pasqua e la bellezza intramontabile di Vitorchiano, il borgo sospeso della Tuscia.

sala delle sorti

La Sala delle Sorti arricchisce il Castello di Torre Alfina

Restaurata e aperta da circa un mese la nuova Sala delle Sorti arricchisce la visita al Castello di Torre Alfina, destando grande interesse e curiosità tra i visitatori. Si tratta di una sala decorata con affreschi allegorici che risalgono probabilmente agli anni ’60 del XVI secolo e che trasportano gli osservatori in un mondo di mistero e divinazione.
Indice degli argomenti:
  1. Il casato dei Monaldeschi
  2. Affreschi allegorici
  3. Vizi contro Virtù
  4. Una testimonianza storico-artistica

Il Prestigio del Casato

La decorazione della Sala delle Sorti fu commissionata da Monaldo Monaldeschi della Cervara, canonico di San Pietro e illustre membro della famiglia Monaldeschi che per secoli governò il castello e il borgo di Torre Alfina. La mano dietro l’esecuzione di queste opere rimane avvolta nel mistero, anche se si ipotizza un’eventuale influenza del pittore veneto Bartolomeo Cinzio, che Monaldo Monaldeschi conosceva bene grazie al suo soggiorno padovano. L’intento della decorazione era rappresentare artisticamente il prestigio e la correttezza morale del casato dei Monaldeschi.

Le Allegorie della Sala delle Sorti

Gli affreschi della Sala delle Sorti sono ispirati al libro Il Giardino dei Pensieri di Francesco Marcolini da Forlì, pubblicato nel 1540. Si tratta di un testo di cartomanzia e arte divinatoria per predire la fortuna, nel quale vengono rappresentati i vizi e le virtù umane. Nella sala del castello si alternano raffigurazioni dei Vizi, quali Insidia, Menzogna e Discordia, a quelle delle Virtù, come Fede, Carità e Temperanza. Questa contrapposizione riflette l’eterna lotta tra il bene e il male, la prevedibilità e l’imprevedibilità del destino. Ma se le Virtù sono ritratte in ambienti interni, a simboleggiare la loro presenza costante e il ruolo fondamentale nel mantenimento della morale e del buon governo, i Vizi sono raffigurati immersi in ambienti esterni. L’effetto visivo finale è la sensazione che nella sala si aprano delle finestre immaginarie che permettono di osservare il male che vive al di fuori delle mura del castello.

Vizi e Virtù

Il fregio si sviluppa lungo le pareti della sala e presenta uno schema ripetitivo: ad ogni raffigurazione allegorica dei vizi segue un telamone (una figura maschile che sostiene l’architettura del fregio) e poi una virtù. Così all’Insidia, una donna che pesca in un fiume affiancata da una lince, segue la Carità; alla Discordia, una donna che tiene in mano un mantice da cui esce del fumo. segue la Temperanza. Ogni rappresentazione è ricca di dettagli simbolici che offrono un panorama completo delle forze che plasmano il destino umano e invitano gli osservatori a riflettere sulle scelte e sulle azioni che definiscono il proprio cammino.

Testimonianza Storica

Il restauro e l’apertura della Sala delle Sorti nel Castello di Torre Alfina rappresentano un’aggiunta straordinaria al patrimonio storico e artistico della regione. Questo nuovo spazio incanta e ispira i visitatori, offrendo loro l’opportunità di immergersi in un mondo di simbolismo e mistero. Gli affreschi allegorici delle Sorti e le Virtù rappresentano una importante testimonianza storico-artistica del nostro territorio e dei personaggi che qui hanno vissuto. la sala invita alla riflessione sulle forze che influenzano il destino umano e sull’importanza delle scelte morali. La ricchezza dei dettagli e il significato profondo di queste opere testimoniano l’abilità e la visione dei suoi creatori, lasciando un’impronta indelebile sulla memoria di coloro che hanno il privilegio di visitarla.

piramide etrusca

La Piramide Etrusca nel Cuore del Sacro Bosco di Bomarzo

Il piccolo comune di Bomarzo in provincia di Viterbo è celebre per il suo Parco dei Mostri, un luogo magico e enigmatico che attira visitatori da ogni angolo del mondo. Ma tra le fronde della fitta vegetazione che avvolge il parco si cela un segreto ancora più misterioso e affascinante: la Piramide Etrusca di Bomarzo, conosciuta anche come il “Sasso del Predicatore”.
Indice degli argomenti:
  1. La glorioso civiltà etrusca
  2. La scoperta nel 1911
  3. L’eroe Salvatore Fosci
  4. Una passeggiata nella natura

Tracce evidenti della civiltà Etrusca

Immersa nei boschi della Tuscia, nella zona del Tacchiolo, la Piramide Etrusca è raggiungibile dal Parco dei Mostri di Bomarzo. Si trova in un contesto ricco di reperti appartenenti all’era etrusca e preistorica, avvolto da quello che è chiamato il Bosco Sacro. Percorrendo sentieri che si snodano tra abitazioni rupestri, rocce megalitiche, altari e luoghi di culto, ci si trova di fronte a un’autentica oasi di storia e mistero. Persino un antico cimitero paleocristiano si cela nelle vicinanze, aggiungendo ulteriori strati di fascino e enigma a questa regione intrisa di storia millenaria.

La Scoperta della Piramide Etrusca

Scoperta nel lontano 1911, questa straordinaria piramide è rimasta a lungo nell’ombra, sfuggendo all’attenzione dell’archeologia ufficiale. È una  struttura imponente, alta circa 10 metri, con i suoi gradoni che sembrano salire verso il cielo. La sua forma tronco-piramidale richiama alla mente gli altari religiosi della cultura Maya. Ma la sua datazione, come la sua vera natura, rimangono avvolte nel mistero. La sua funzione originaria è ancora oggi oggetto di speculazioni e teorie che affascinano gli appassionati di storia e archeologia. Ma l’emozione di vederla emergere dall’ombra del bosco è indescrivibile, come se il tempo si fermasse di fronte a questa testimonianza tangibile di un passato ancora tutto da rivelare.

Il Passato torna alla luce

Dal giorno della sua scoperta, per lungo tempo la Piramide Etrusca è rimasta in uno stato di abbandono totale. Solo a partire dal 2008 la piramide è tornata alla luce grazie alla dedizione di un abitante del luogo, Salvatore Fosci. Da anni Salvatore si dedica alla pulizia della vegetazione e alla manutenzione dei sentieri che conducono a questo luogo misterioso, attivando al contempo un ambizioso lavoro di promozione per far conoscere la Piramide di Bomarzo al mondo intero. Grazie a lui è oggi possibile visitare questo capolavoro scolpito nel peperino che ha attraversato più di due millenni di storia per farci sentire parte integrante delle civiltà che ci hanno preceduto.

Percorso attraverso la natura

Il percorso per raggiungere la Piramide Etrusca è tutt’altro che agevole, ma è ricco di fascino e avventura. Queste sono le coordinate del sito: 42° 30′ 17″ Nord e 12° 15′ 60″ Est. L’ingresso principale de La tagliata delle Rocchette è il punto di partenza, e da lì, attraverso boschi e sentieri, ci si inoltra per circa 400 metri fino a raggiungere il doppio segnale in salita tra gli alberi. È qui che la Piramide Etrusca svela la sua imponenza, con le sue due rampe di scale che conducono all’ara maggiore, dove un tempo, forse, il sacerdote etrusco officiava i riti agli dei degli Inferi.

Barca imperiale cinese

La Barca Imperiale Cinese Nascosta tra i Boschi dei Monti Cimini

Tra i boschi rigogliosi della Tuscia Viterbese, c’è un luogo che ha il potere di trasportare il visitatore in un’altra dimensione spazio-temporale. Si tratta della Tenuta Sant’Egidio in cui i resti della sorprendente Chiesa della Santissima Trinità custodiscono una preziosa Barca Imperiale Cinese in marmo.
Indice degli argomenti:
  1. Dove si trova la barca
  2. L’amore per la Cina
  3. Incontro straordinario
  4. La promessa della conservazione
  5. Fratellanza e rispetto tra popoli

La Tenuta di Sant’Egidio

La Tenuta Sant’Egidio è un’area privata di circa 130 ettari sul versante Nord-Est del Monte Cimino, divenuta, per volontà dei proprietari, un bosco didattico. Passeggiando per i boschi della tenuta è possibile ammirare alberi monumentali di quercia e di faggio, grotte, sorgenti e affioramenti rocciosi. E poi all’improvviso i resti delle mura di una chiesa, la Santissima Trinità, risalente al secolo XIII e per secoli eremo di monaci. Insieme a ciò che resta dell’antica chiesa una sorprendente e straniante barca imperiale cinese in marmo bianco. Ma come è arrivata qui questa barca e perché?

I Benedetti e l’Amore per la Cina

La Barca Imperiale Cinese è giunta in Italia grazie all’imprenditore-filantropo italiano Eugenio Benedetti, padre di Azzurra Benedetti, l’attuale presidente dell’Associazione GEA da cui è nata l’idea del bosco didattico. Eugenio, soprannominato “il nuovo Marco Polo”, era innamorato della Repubblica Popolare Cinese e per molti anni ha viaggiato in tutto il paese, contribuendo alla sua rinascita economica e culturale. Una delle sue operazioni più famose è stata l’apertura di 34 cave di marmo sui monti dell’Hebei e dell’Honan, tutt’oggi funzionanti, da cui viene estratto uno dei marmi più belli del mondo. Nel 1965 Eugenio ebbe anche l’opportunità di conoscere l’Ultimo Imperatore Cinese Pu Yi, personaggio chiave per svelare il mistero della barca imperiale viterbese.

Un incontro straordinario

Ormai declassato a semplice cittadino e nominato capo dei Giardini del Palazzo Imperiale d’Estate di Pechino, Pu Yi incaricò Eugenio di salvare e restaurare la barca costruita nel 1865 in occasione del sessantesimo compleanno dell’imperatrice Ci Xi, sua madre. La barca è ancora oggi ormeggiata sul fiume Kunming al Palazzo di Pechino. Nella Cina antica le barche erano veri e propri capolavori di artigianato, utilizzati per il trasporto di merci preziose lungo i fiumi e i canali del vasto impero cinese. La barca imperiale era simbolo di rispetto, potere ed eleganza.

Restauro e Conservazione

L’operazione di conservazione riuscì e fu molto apprezzata dal governo cinese; Eugenio per i suoi 75 anni ricevette in dono, come ringraziamento per il suo operato, 100 tonnellate di marmo bianco composto da 3000 pezzi scolpiti e cesellati a mano. Il materiale fu utilizzato per costruire una riproduzione in scale 1:3 della barca dell’imperatrice Ci Xi, come segno d’amore dalla Cina all’Italia. La barca imperiale fu poi posizionata all’interno della tenuta, dove Eugenio ha espresso la volontà di essere sepolto quando arriverà il suo momento.

Simbolo di fratellanza tra popoli

Ecco quindi spiegato il mistero. La barca imperiale cinese della Tenuta Sant’Egidio è più di un semplice monumento; è un omaggio alla fratellanza tra culture diverse, un simbolo di pace e collaborazione tra popoli. Ma, soprattutto, è la rappresentazione dell’amore di un figlio verso la madre e dell’interconnessione tra culture apparentemente lontane tra loro. La barca imperiale in marmo nel cuore della Tuscia Viterbese è una preziosa testimonianza della storia, un ricordo indelebile di grandi personaggi moderni. Una memoria storica da preservare e tramandare alle generazioni future.

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