Barca imperiale cinese

La Barca Imperiale Cinese Nascosta tra i Boschi dei Monti Cimini

Tra i boschi rigogliosi della Tuscia Viterbese, c’è un luogo che ha il potere di trasportare il visitatore in un’altra dimensione spazio-temporale. Si tratta della Tenuta Sant’Egidio in cui i resti della sorprendente Chiesa della Santissima Trinità custodiscono una preziosa Barca Imperiale Cinese in marmo.
Indice degli argomenti:
  1. Dove si trova la barca
  2. L’amore per la Cina
  3. Incontro straordinario
  4. La promessa della conservazione
  5. Fratellanza e rispetto tra popoli

La Tenuta di Sant’Egidio

La Tenuta Sant’Egidio è un’area privata di circa 130 ettari sul versante Nord-Est del Monte Cimino, divenuta, per volontà dei proprietari, un bosco didattico. Passeggiando per i boschi della tenuta è possibile ammirare alberi monumentali di quercia e di faggio, grotte, sorgenti e affioramenti rocciosi. E poi all’improvviso i resti delle mura di una chiesa, la Santissima Trinità, risalente al secolo XIII e per secoli eremo di monaci. Insieme a ciò che resta dell’antica chiesa una sorprendente e straniante barca imperiale cinese in marmo bianco. Ma come è arrivata qui questa barca e perché?

I Benedetti e l’Amore per la Cina

La Barca Imperiale Cinese è giunta in Italia grazie all’imprenditore-filantropo italiano Eugenio Benedetti, padre di Azzurra Benedetti, l’attuale presidente dell’Associazione GEA da cui è nata l’idea del bosco didattico. Eugenio, soprannominato “il nuovo Marco Polo”, era innamorato della Repubblica Popolare Cinese e per molti anni ha viaggiato in tutto il paese, contribuendo alla sua rinascita economica e culturale. Una delle sue operazioni più famose è stata l’apertura di 34 cave di marmo sui monti dell’Hebei e dell’Honan, tutt’oggi funzionanti, da cui viene estratto uno dei marmi più belli del mondo. Nel 1965 Eugenio ebbe anche l’opportunità di conoscere l’Ultimo Imperatore Cinese Pu Yi, personaggio chiave per svelare il mistero della barca imperiale viterbese.

Un incontro straordinario

Ormai declassato a semplice cittadino e nominato capo dei Giardini del Palazzo Imperiale d’Estate di Pechino, Pu Yi incaricò Eugenio di salvare e restaurare la barca costruita nel 1865 in occasione del sessantesimo compleanno dell’imperatrice Ci Xi, sua madre. La barca è ancora oggi ormeggiata sul fiume Kunming al Palazzo di Pechino. Nella Cina antica le barche erano veri e propri capolavori di artigianato, utilizzati per il trasporto di merci preziose lungo i fiumi e i canali del vasto impero cinese. La barca imperiale era simbolo di rispetto, potere ed eleganza.

Restauro e Conservazione

L’operazione di conservazione riuscì e fu molto apprezzata dal governo cinese; Eugenio per i suoi 75 anni ricevette in dono, come ringraziamento per il suo operato, 100 tonnellate di marmo bianco composto da 3000 pezzi scolpiti e cesellati a mano. Il materiale fu utilizzato per costruire una riproduzione in scale 1:3 della barca dell’imperatrice Ci Xi, come segno d’amore dalla Cina all’Italia. La barca imperiale fu poi posizionata all’interno della tenuta, dove Eugenio ha espresso la volontà di essere sepolto quando arriverà il suo momento.

Simbolo di fratellanza tra popoli

Ecco quindi spiegato il mistero. La barca imperiale cinese della Tenuta Sant’Egidio è più di un semplice monumento; è un omaggio alla fratellanza tra culture diverse, un simbolo di pace e collaborazione tra popoli. Ma, soprattutto, è la rappresentazione dell’amore di un figlio verso la madre e dell’interconnessione tra culture apparentemente lontane tra loro. La barca imperiale in marmo nel cuore della Tuscia Viterbese è una preziosa testimonianza della storia, un ricordo indelebile di grandi personaggi moderni. Una memoria storica da preservare e tramandare alle generazioni future.

La Ruota del Castello

L’Oggetto Misterioso: La Ruota del Castello di Torre Alfina

In un locale nascosto del castello si trova un’enigmatica ruota in ferro montata verticalmente. Cos’è e a cosa serviva la ruota del Castello di Torre Alfina?

Gli oggetti utilizzati in epoche passate spesso appaiono misteriosi e intriganti ai nostri occhi contemporanei. Sotto l’apparenza di semplici manufatti si nascondono spesso soluzioni ingegnose e innovative che hanno segnato la storia e la vita quotidiana delle persone. Uno di questi affascinanti oggetti è la grande ruota in ferro del Castello di Torre Alfina, oggetto che ha svolto un ruolo fondamentale nella distribuzione dell’acqua nelle stanze dell’antica dimora.

Indice degli argomenti:
  1. L’accesso all’acqua nelle dimore medievali
  2. La cultura del bagno in epoca rinascimentale
  3. Testimonianza storica dell’ingegno umano

L’acqua nelle Dimore Medioevali

In generale, i castelli e le residenze nobiliari medievali erano dotati di pozzi, cisterne e vasche decorative, spesso poste nei cortili interni o nei giardini. Queste strutture fungevano da punti di accesso all’acqua per uso domestico. Ma nel Medioevo il bisogno di acqua era limitato quasi esclusivamente alla cucina. Non esistevano tubature né impianti fognari. I servizi igienici, quando presenti, erano sedili aperti direttamente sul fossato o su recipienti per il contenimento. L’igiene personale era un concetto sconosciuto. Solo i signori si concedevano ogni tanto un bagno in un catino e non esistevano vere e proprie stanze da bagno. La distribuzione dell’acqua era quindi affidata ai servitori che riempivano secchi o altri contenitori e li portavano nella cucina o nelle stanze signorili per soddisfare le esigenze quotidiane.

Rinascimento e Cultura del Bagno

Solo in epoca rinascimentale si comincia a diffondere una nuova concezione funzionale della sala da bagno. La maggior cura dedicata all’igiene personale, l’impulso verso la raffinatezza e il comfort per l’ambiente dedicato alle pratiche del corpo, portarono alla necessità di creare un sistema di distribuzione idrica meccanizzato e più efficiente.
Arriviamo quindi a svelare il nostro mistero. La grande ruota in ferro del Castello di Torre Alfina è un volano, un pesante disco collegato ad una pompa manuale che permetteva di pescare l’acqua dalla cisterna posta nel cortile del castello. Azionando la grande ruota l’acqua saliva fino a riempire altre cisterne strategicamente collocate sulle torri. Da qui, sfruttando la forza gravitazionale, l’acqua scorreva attraverso un intricato sistema di tubature per raggiungere tutte le stanze del castello.

Testimonianza dell’Ingegno Umano

Il volano del Castello di Torre Alfina è rimasto in funzione fino al 1960, quando la pompa manuale è stata sostituita da una elettrica. Nonostante ciò l’impianto di distribuzione è rimasto invariato e l’acqua continua ad approvvigionare le stanze del castello scendendo per caduta dalle torri del castello. Oggi rappresenta una testimonianza storica del potere dell’ingegno umano di trasformare un oggetto di uso quotidiano in uno strumento fondamentale di innovazione. La conservazione degli oggetti non più in uso rappresenta una testimonianza tangibile della nostra evoluzione storica e tecnologica. Mantenendo viva la memoria di tali oggetti, preserviamo il legame con il nostro passato. Questi oggetti non sono semplici reliquie, ma ponti che collegano il passato al futuro, offrendo preziose prospettive sul nostro percorso in continua evoluzione.

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